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Prostata e cancro, i test da affinare


L'evoluzione del tumore della prostata rimane ancora un mistero anche per gli specialisti. Se da una parte i progressi in campo diagnostico hanno consentito di individuare un numero sempre maggiore di tumori, 11-14 mila nuovi casi all'anno in Italia, dall'altra la ricerca non è stata ancora in grado di stabilire quale tipo di tumore prostatico sia destinato a rimanere silente per tutta la vita e quale invece si rivelerà presto aggressivo.



"In un prossimo futuro", ha affermato Francesco Rocco, direttore della I cattedra di urologia dell'università di Milano e direttore del corso sul tumore della prostata che di recente si è tenuto a Milano, "dovremo sforzarci di riuscire ad ottenere questa diagnosi differenziale in modo da curare tempestivamente le malattie pericolose senza trascurarne nemmeno una e, contemporaneamente, evitare ai soggetti che potrebbero non averne bisogno trattamenti inutili e quindi anche gli effetti collaterali dell'intervento come incontinenza, impotenza".



A rafforzare questa necessità c'è anche Ottavio De Cobelli, primario urologo all'Istituto Europeo di Oncologia, citando i risultati di studi autoptici eseguiti su ultrasettantenni morti per altre malattie. "Ebbene", dice De Cobelli, "il 65% di essi aveva anche un tumore alla prostata ma non lo sapeva. Inoltre, sempre in base a questi studi, a 50 anni, un uomo su due avrebbe un cancro alla prostata nascosto, ma solo in percentuale molto minore quel tumore si rivelerà in maniera aggressiva".



E sulla stessa strada sembra andare un lavoro apparso recentemente sul New England Journal of Medicine che sembra modificare ancora le considerazioni sul valore predittivo del test del Psa: 2.950 uomini di età compresa tra 62 e 91 anni apparentemente sani e con PSA inferiore a 4ng/ml sono stati controllati per 7 anni e tutti sottoposti a biopsia della prostata. La presenza di cancro prostatico è stato evidenziato nel 15,2 % dei soggetti, variando dal 10,1% degli uomini che avevano PSA tra 0,6 e 1 ng/ml, fino al 26,9% delle persone con PSA tra 3,1 e 4 ng/ml. "Questo lavoro potrebbe dare inizio a una rivoluzione", conclude Francesco Rocco, "esso dimostra che non esiste un livello di PSA di sicurezza e che di conseguenza sia la diagnostica individuale, sia quella di screening dovranno essere ulteriormente discusse e in qualche modo reimpostate".



Insomma in tema di terapia di tumore della prostata, l'obiettivo di un prossimo futuro potrà essere quello di riuscire ad adottare, in ogni singolo paziente, la miglior scelta terapeutica "su misura", evitando comportamenti troppo standardizzati, che potrebbero ingenerare eccessi di aggressività, o pericolosi atteggiamenti astensionistici.


06/10/2005

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